Podisti cibernetici avvolti in tute aderenti costellate di sensori, ciclisti fasciati in avveniristiche armature che controllano la pedalata, calciatori del lunedì sera cosparsi di elettrodi nemmeno fossero Cristiano Ronaldo: siamo destinati a diventare inarrestabili macchine sportive, schiave di futuristici e ingombranti congegni che ci dicono cosa stiamo facendo e se lo stiamo facendo nella maniera corretta?
Anche se l’ipercinetica avanzata della tecnologia ci mette di fronte a uno scenario inquietante, le ultime tendenze in fatto di wearable technology sembrano suggerire un altro panorama, che privilegia il minimal, riducendo l’impatto visivo e l’ingombro, senza soccombere alla nostra mania di fitness.
Tra tutti gli sportivi, i nuotatori sono forse quelli che più di tutti sanno cosa significhi stare soli e automotivarsi, immersi nell’acqua, nella fatica e nei propri pensieri. Il senso di solitudine dei delfini umani viene oggi lenito da un avveniristico modello di cuffie a conduzione ossea, che consentono di ascoltare musica anche nel bel mezzo dei cento metri stile libero. La profezia della Sirenetta, si è quasi avverata…
Essere un ciclista su strada non è facile. Pedalare a testa bassa nel regno delle automobili richiede un tasso di concentrazione da test di ammissione alla più prestigiosa delle università, con la differenza che sull’asfalto rischi anche di essere falciato. In questo non proprio roseo scenario, aggiungere ai gesti necessari a segnalare le svolte o a guardarsi alle spalle, anche quello di controllare le statistiche relative all’allenamento può diventare non solo problematico ma anche estremamente pericoloso. Un congegno di ultima generazione da applicare sulla stanghetta degli occhiali da sole fornisce indicazioni audio circa il battito cardiaco e la velocità, il ritmo e la potenza della pedalata.
Quella dei braccialetti intelligenti, studiati per raccogliere dati sull’esercizio e sullo sforzo fisico, è una delle forme più diffuse e abbordabili di wearable technology applicate al fitness. Le ultime generazioni si stanno concentrando sulla separazione e sulla quantità delle informazioni: non uno ma due braccialetti – uno dei quali da infilare al polso e l’altro da mettere al piede – studiati per riconoscere e dividere i movimenti della parte alta e quelli della parte bassa del corpo ma anche per analizzarli a seconda del tipo di allenamento, che si tratti di golf, basket o curling.
Dopo il tallone – divenuto tristemente famoso grazie ad Achille – ora anche la caviglia si prepara a entrare nell’olimpo delle parti inferiori del corpo. E per motivi meno drammatici. È infatti all’altezza del malleolo che è posizionato il sensore grazie al quale i calzini smart di nuova generazione raccolgono informazioni per comunicarti se stai correndo bene e per metterti in condizione di migliorare le tue prestazioni. Sono collegati a un’applicazione e, ovviamente, si possono lavare. I calzini sporchi non piacciono a nessuno. Anche se sono estremamente intelligenti.
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